Motivazione e Generazioni: evoluzione dello spirito motivazionale
In una gestione delle persone orientata al s-age management, e quindi basata sulla consapevolezza intergenerazionale, l’evoluzione dello spirito motivazionale è un tema centrale.
Per affrontarlo in modo corretto e costruttivo, è importante prima di tutto distinguere due concetti spesso considerati affini, ma nella realtà ben distinti: “motivazione” e “impegno”. La motivazione attiene alla sfera intima dell’individuo, ai suoi bisogni interni e a come li vede proiettati nel contesto organizzativo in cui è inserito; essa, inoltre, dipende molto dalla percezione che la persona ha del lavoro all’interno della propria esistenza. L’impegno, o sforzo profuso nel raggiungimento di un obiettivo, è sì una conseguenza della motivazione, ma è anche più gestibile rispetto a quest’ultima. Attraverso il sostegno alla performance, tramite ad esempio la formazione, gli affiancamenti, la relazione con il Responsabile, la valorizzazione delle prestazioni, tramite il riconoscimento dei risultati, e la stima del potenziale, attraverso l’identificazione della aree di talento, è possibile mantenere alto il livello di impegno dell’individuo. In altre parole, quando si parla di motivazione, è la persona in quanto tale ad essere in gioco. Al contrario, se il tema è l’impegno, è la performance (effettiva – potenziale) il punto centrale.
Questa distinzione terminologica, in chiave generazionale, distrugge alla base un pregiudizio diffuso che identifica una relazione inversamente proporzionale tra età e motivazione, per cui i giovani sarebbero i più motivati, mentre i meno giovani lo sarebbero meno. In realtà, la relazione tra la variabile motivazione e la variabile età esiste, ma non è inversamente proporzionale, è più complessa, in quanto influenzata da altre importanti variabili: l’impegno e il sostegno a questo che l’organizzazione è in grado di offrire. E non solo.
Secondo gli ultimi studi sul concetto di “carriera” e “merito”, le riflessioni sulla motivazione personale vengono sempre più ricondotte alla motivazione intrinseca o auto-motivazione che porta l’individuo ad impegnarsi per attività considerate come stimolanti e gratificanti, in quanto in grado di soddisfare del tutto o in parte i bisogni e i desideri alla base di tale motivazione. Riflettere sull’evoluzione dello spirito motivazionale, significa identificare per ciascuna fascia d’età le attività che possano essere considerate come stimolanti e gratificanti, al fine di individuare sempre nuovi meccanismi di sostegno dell’impegno, nelle diverse fasi motivazionali dell’individuo.
Il processo motivazionale, infatti, è articolato in quattro momenti: 1. apprendimento, legato all’acquisizione di nuovi metodi, nuove conoscenze e all’attivazione di nuove relazioni interne ed esterne all’organizzazione, 2. controllo della propria attività, fase in cui l’individuo si sente sicuro della propria performance e delle proprie competenze, 3. routine, fase in cui le attività professionali vengono svolte in modo automatico, e 3. disimpegno, fase di distacco dall’attività professionale, perché sufficientemente nota, non percepita più come complessa e sfidante. Tali fasi non dipendono esclusivamente dall’età, ma anche, soprattutto, dalle attività svolte, percepite o meno come gratificanti.
Con il trascorrere degli anni non è detto che cambi il livello di motivazione intrinseca e il conseguente livello di impegno, ma certamente cambiano i bisogni interiori e le aspettative e, di conseguenza, le attività che vengono considerate gratificanti.
Secondo l’approccio intergenerazionale alla gestione delle persone, fare s-age management significa attivare in modo consapevole cicli successivi di apprendimento-controllo-routine-disimpegno durante la vita professionale dell’individuo, al fine di accompagnare e sostenere in modo naturale l’evoluzione dello spirito motivazionale e il conseguente livello di impegno, fortemente legati al senso di gratificazione personale e professionale per il tipo di attività che si svolge. Più che all’età.